Staying human-centered in an automated world

Staying human-centered in an automated world

L’integrazione dell’intelligenza artificiale (AI) nelle organizzazioni non profit è un fenomeno inevitabile e sempre più pervasivo. Tuttavia, la domanda cruciale è:

Come possono le organizzazioni non profit implementare l’AI mantenendo al contempo un approccio centrato sull’umano?

Questa questione è esplorata in profondità nel libro The Smart Nonprofit: Staying Human-Centered in an Automated World di Beth Kanter e Allison Fine.

L’obiettivo di questo articolo è esaminare come le organizzazioni possano adottare tecnologie avanzate in modo strategico e responsabile, focalizzandosi specificamente sul contesto della raccolta fondi e garantendo la centralità del benessere umano.

Perché le organizzazioni non profit devono diventare “smart non profit” anche nella raccolta fondi

Diventare una “Smart Non profit” implica l’adozione di tecnologie innovative, come l’AI, ma sempre con un approccio intenzionale e ponderato. L’uso della “smart tech”che comprende AI, machine learning, chatbot e altre tecnologie avanzate permette alle organizzazioni di ottimizzare i processi amministrativi, liberando risorse per attività di maggiore valore strategico e relazionale nella raccolta fondi.

L’AI può, ad esempio, facilitare l’identificazione di potenziali donatori, segmentare accuratamente i dati e personalizzare le comunicazioni, ma ciò deve essere accompagnato da un costante impegno verso l’etica e la responsabilità.

La domanda centrale rimane:

Come può l’AI migliorare le relazioni con i donatori e incrementare il loro coinvolgimento, mantenendo al centro la loro umanità?

Il dividendo del tempo applicato alla raccolta fondi

Uno dei concetti chiave introdotti da Kanter e Fine è quello del “dividendo del tempo”. L’AI può essere impiegata per automatizzare attività ripetitive, consentendo al personale di concentrarsi su attività che richiedono un’interazione umana significativa, come il consolidamento delle relazioni con i donatori.

Questo consente ai fundraiser di dedicare più tempo a interazioni personali con i donatori chiave, piuttosto che essere impantanati in operazioni manuali quali l’aggiornamento di database o l’invio di comunicazioni standardizzate.

Tuttavia, il tempo liberato dall’automazione può essere utilizzato in modo improprio se viene destinato ad aumentare ulteriormente il carico di lavoro del personale.

È essenziale che il tempo guadagnato venga utilizzato per costruire relazioni autentiche e durature con i donatori, alimentando una cultura di generosità sostenibile.

Esempi di applicazione dell’AI per la raccolta fondi

Nel libro vengono forniti esempi pratici di come l’AI possa migliorare le strategie di raccolta fondi. Un caso tipico è l’utilizzo di chatbot per rispondere a domande frequenti di donatori o potenziali donatori, offrendo un’interazione rapida ed efficiente.

Questi chatbot possono operare 24 ore su 24, liberando così il personale dalle attività più routinarie e permettendo loro di concentrarsi su relazioni più complesse e strategiche.

Un altro esempio di applicazione riguarda l’utilizzo di algoritmi di machine learning per identificare i donatori con il maggiore potenziale di crescita.

Analizzando il comportamento storico dei donatori, l’AI può prevedere quali sostenitori hanno una propensione maggiore a fare donazioni significative o a partecipare a specifiche campagne. In questo modo, le organizzazioni possono sviluppare strategie di comunicazione più mirate e personalizzate, massimizzando l’efficacia delle loro iniziative.

I rischi dell’automazione nella raccolta fondi

L’automazione, sebbene potenzialmente molto vantaggiosa, comporta anche rischi significativi, in particolare per quanto riguarda i bias incorporati nei sistemi di AI. Le decisioni prese da questi sistemi possono apparire oggettive, ma spesso riflettono i pregiudizi insiti nei dati storici e negli algoritmi utilizzati.

Questi bias possono avere un impatto diretto sulle campagne di raccolta fondi, escludendo inconsapevolmente determinati gruppi di potenziali donatori percepiti erroneamente come meno inclini a donare. È quindi fondamentale che le organizzazioni vigilino costantemente per garantire che gli strumenti tecnologici non creino discriminazioni, mantenendo una supervisione umana continua e critica.

Conclusioni e prossimi passi per i fundraiser

Le organizzazioni non profit possono trarre enormi benefici dall’integrazione dell’AI nelle loro attività di raccolta fondi, aumentando la loro capacità operativa e l’efficacia complessiva. Chiaramente, l’implementazione dell’AI deve sempre avvenire con un approccio che tenga in primo piano l’elemento umano.

La tecnologia non deve mai sostituire il contatto personale, ma piuttosto liberare tempo per consentire ai fundraiser di approfondire le relazioni con i donatori, coinvolgerli in maniera significativa e rafforzare la fiducia reciproca nel lungo termine.

Per i fundraiser che stanno valutando l’adozione dell’AI, è fondamentale iniziare con piccoli progetti pilota, sperimentare e raccogliere costantemente feedback. Coinvolgere sia il personale interno che i donatori nel processo decisionale, testare nuovi strumenti e analizzare i risultati sono passaggi essenziali per garantire il successo dell’adozione tecnologica.

L’equilibrio tra tecnologia e umanità deve rimanere il principio guida, con l’obiettivo di massimizzare l’impatto positivo sulla comunità e garantire un approccio etico e sostenibile nella raccolta fondi.

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