Poco tempo fa mi è capitato di incontrare alcuni collaboratori (di lunga esperienza) a cui ho spiegato la mia funzione e anche, quale sia la mia visione del futuro delle Onlus e del Fundraising.
Sono stato esaustivo e concreto nella mia spiegazione (mi sono calato anche nei dettagli e nei tecnicismi) ma probabilmente ho tralasciato la forma mentis di chi avevo di fronte perchè presentandomi ad un’altra persona mi ha indicato con la più pacata naturalezza come.. “il ragazzo dei computer“.
Non nego che a quella affermazione mi si è gelato il sangue e che in 2 secondi la mia professionalità abbia subito uno shock irreversibile ma per combattere contro questo ho deciso di scrivere questo complicato articolo.
Con il termine Social Enterprise per il Non profit non voglio aggiungere uno slang alla già cospicua libreria di termini business/english che ogni giorno subiamo, ma intendo un modello di nuove architetture di partecipazione, intelligenza collettiva e meccanismi di emergenza che stanno (anche se lentamente) rivoluzionando il modo in cui le ONG svolgono la loro funzione, anche per raccogliere fondi.
La social collaboration nel futuro delle Non profit in Italia e nel mondo sarà sempre più importante ed essere tra i primi ad adottare questi processi permetterà alle ONLUS più illuminate di ottenere un vantaggio enorme sulle altre. Una impresa sociale è un’organizzazione che applica strategie commerciali per massimizzare il miglioramento del benessere dell’uomo e dell’ambiente.
L’introduzione della collaborazione all’interno dei processi lavorativi delle Non profit è un trend inarrestabile, già avviato e con potenziale decisamente maggiore delle community di utenti stand-alone che hanno caratterizzato la prima era del Social Fundraising. L’utilizzo dei social network di cui oltre a Twitter, Youtube, Linkedin, Instagram, e in primis Facebook ha cambiato radicalmente le comunicazione e la prospettiva utente/associazione fino ad arrivare ad un punto dove è necessario rivalutare strategie e modelli di comunicazione digitale che includano la partecipazione e che introducano un rapporto paritetico tra associazione e donatore.
La partecipazione sta diventando il cardine principale che spinge il donatore a fidelizzarsi verso una associazione e questa è resa ancor più di spessore con l’utilizzo degli strumenti social che permettono un’interazione rapida, semplice e costante. Ormai si può facilmente riscontrare una partecipazione socio-tecnologica enorme dove gli asset che la compongono sono:
- Fiducia
- Credibilità
- Trasparenza
- Tempistica
- Rispetto
- Equilibrio di potere
- Comunità
Le associazioni ONLUS dovrebbero iniziare a tener conto in modo prioritario di questi valori e realizzare intorno a questi una strategia digitale (ma non solo) adeguata alle aspettative dei sostenitori.
Non solo le associazioni dovrebbero iniziare a valutare attentamente questi aspetti, dovrebbero anche capire il meccanismo e introdurlo prima internamente. Le ONLUS non si possono più permettere di essere solamente Social Out ma devono iniziare ad essere anche Social In, intendendo il modello ed i flussi lavorativi all’interno dell’associazione come una sorta di collaborazione propositiva al fine di migliorare ogni ingranaggio della filiera delle strutture.
Il segreto del cambiamento non sta nel focalizzare tutta la tua energia nel combattere il vecchio, ma nel creare il nuovo. Socrate
Questo percorso può essere suddiviso in tre componenti:
- Abbattimento delle barriere interne (tutti devono partecipare con il management per migliorare l’associazione)
- Connessione con i donatori (i sostenitori hanno ormai esigenze e aspettative molto più grandi di una volta)
- Collaborazione con partner e sostenitori (la partecipazione è vitale per il successo)
Iniziare un processo di questo tipo significa essere una associazione illuminata e con la corretta visione nel creare relazioni più solide con i donatori del futuro, acquistando più popolarità sia con i sostenitori tradizionali che con i sostenitori “social”.
Questo articolo non è proprio semplice da digerire e riconosco che l’argomento Social Enterprise sia un discorso di frontiera, ma il tempo stringe e noi (rispetto all’estero) siamo già in ritardo, tutti dobbiamo muoverci e soprattutto io, per non essere più considerato solamente come .. “il ragazzo del computer“.